Virus, burattinai, burattini

di Umberto Cogliati
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burattini

Il virus c’è, ma non riusciamo a governarlo, perché si è sovrapposto al nostro regime di libertà smodata; è un fuor d’opera. La nostra era una condizione dove si ha tutto perché il “tutto” è frutto dell’abbaglio del “tutto ci è dovuto”.

Qualche distinguo è d’obbligo. Se ci riferiamo al consumismo, alle comodità, all’uso della tecnologia, balza all’occhio come, in verità, non sia il “tutto dovuto”, ma sia un “tutto ci è imposto” che noi scambiamo come insieme di nostre scelte autonome quando nella realtà è la società attuale che ci impone e ci domina.

Cos’è se non questo, il consumismo, la pubblicità, la spinta ai consumi, il cibo buttato, la noncuranza verso chi è povero? A cercarli, senza troppa fatica, in questo scenario di peccati, anche gravi, se ne trovano. L’unica attenuante sarebbe che il nostro  agire non è una scelta libera e cosciente, ma impostaci dai grandi burattinai delle multinazionali  del profitto e simili, e la nostra colpa si limiti a quella del burattino.

Certo che il fenomeno ha del formidabile perché non è tanto generato dal nostro comportamento in sé, ma è che noi stessi medesimi scambiamo tutto ciò per una nostra libera scelta. Come chiamare questo? Illusionismo?Ancora. In questo grande teatro dell’abbondanza, vagamente, molto vagamente, ci illudiamo di possedere spazi di scelta che invece non abbiamo o non abbiamo più.

Da un certo punto di vista la condizione, così obbligata, fa rabbrividire; il non percepire più spazi per una scelta personale rispetto al famosissimo “dono” del libero arbitrio, quindi essendo “obbligati” a vivere di scelte compiute da terzi, integra un diploma, un grande diploma, al burattinaio prima evocato.

Papa Francesco non smette mai di invocare la fine delle guerre, ma proviamo a pensare: cosa sono le guerre se non una azione per imporre ad altri regole e comportamenti che, da noi, il citato burattinaio impone senza spararci addosso, perché, per lui, noi siamo la materia prima, ma la sostanza non è poi così diversa.

La grande massa dei paesi occidentali e chiamati civilizzati, di fatto compongono un esercito di obbedienti ai gerarchi, che non portano divisa, ma che ci costringono all’ubbidienza e con una tale abilità che quell’obbedire ci fa piacere, anche se l’effetto su di noi è la sottrazione della capacità di accedere a scelte libere e consapevoli.

Certo che la pillola, le molte pillole, le vagonate di pillole, che ci vengono propinate sono tutte, come si dice, ben “indorate”: dalle utilità immediate, dal piacere, dal gusto, dall’illusione della quale non se ne può fare a meno, e, non ultimo, dalla grande generalizzazione dell’accesso ai molti “benefici”, al punto che nessuno osi più contrastarli.

So che a chi leggerà queste righe verrà la tentazione di appiopparmi del moralista. Rispondo che, spessissimo, viene facile confondere la morale col moralismo, e si dimentica la parentela che c’è dell’una con l’altro.

Oggi la maggioranza di noi, verosimilmente, pensa al grande moralizzatore, frate domenicano del ‘400, come personaggio probo e fustigatore di costumi. Chissà, se fosse vivo e gli toccasse di cimentarsi contro la schiavitù di certi fenomeni attuali (tipo smartphone), di sicuro lo impiccherebbero di nuovo.

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