Una nuova schiavitù

di Umberto Cogliati
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I punti di riferimento ormai acquisiti nell’epoca che viviamo sono, come un rosario: informatica, internet, big data, intelligenza artificiale, e potremmo non fermarci, ma con questi parametri, fonti, algoritmi, il mondo tutto deve fare i conti. Che conti?

Anzitutto con concetti ineludibili: di questa strepitosa rivoluzione tecnologica possiamo farne a meno? No, perché è attraverso questa, usata bene, che si riuscirà a dare nuova modernità a questo mondo, ottenendo nuovi traguardi, conquiste e progresso praticamente in tutti i campi: della ricerca, della medicina, nella scuola, nell’industria, nei trasporti, nelle relazioni utili tra le persone, ecc., ecc.

Tutto bene, quindi? No! Perché tutte queste meravigliose fonti tecnologiche si prestano agli usi ma anche agli abusi, e il rischio è subito comprensibile. Il problema è che in questo quadro manca un elemento “forte e saggio” in grado di stabilire e consentire, dosare, gli usi e vietare, bloccare, gli abusi.

Diciamola la “brutta parola”, manca la politica, anzi, la Politica, e questa mancanza lascia praticamente spazio libero a  ogni “mercante” il quale addomestica i progressi tecnologici alla propria convenienza; chiamiamoli i poteri forti o qualche altro nome; la sostanza è che, oggi, accanto a tutto il buono e positivo che quel progresso consente, vi è lo scenario alimentato da giganteschi centri di potere ai quali si inchinano pure gli Stati sovrani, ossia quelli che trasformano le grandi utilità nell’utile (loro) e che, ad esempio, obbligano l’umanità, sì, l’umanità, ogni uomo creato da Dio a dotarsi di un apparecchio (chiamiamolo smartphone) col quale è obbligato a convivere e, accanto alle utilità che ne trae, non è più libero di farne a meno; è un obbligo, una dipendenza, una religione, peggio! Non è schiavismo, questo? Il guaio è che la vicenda è al punto di non ritorno; chi l’ha inventato ha superato il padreterno, Lui ci ha lasciato il libero arbitrio, lo smartphone, no.

Ma proviamo per un attimo, con atteggiamento buonista, a vedere lo smartphone come una invenzione di quelle “Oh, finalmente! Posso parlare quando voglio con la mamma, il papà, la nonna, la zia, i figli, i fratelli” e avanti, avanti; cosa utile ma inverosimile, anche perché si scontra con la realtà che vede la persona maneggiare l’apparecchio per tutto il giorno. E che fa? Ricerche (magari), forse, gioca, forse, o svolge il ruolo delle comari in gruppo senza più il lavatoio, forse, fa dell’altro, forse….

Ci si chiede: ma esiste un tempo per pensare, per usare la mente, la nostra mente personale, o lo smartphone è un sedativo anche per la mente?

A proposito di mente, ormai il sedativo smartphone è largamente usato per dare in mano ai bimbi “così tacciono”; il genitore è già sedato. Questa è la schiavitù “che piace”.

Il signor Abramo Lincoln è grande nella Storia per avere abolito la schiavitù. Lo uccisero il 14 aprile 1865. Chissà se dall’aldilà vede che di schiavitù una ne muore e altre nuove ne arrivano!

In tema di schiavitù, in breve, qui siamo alla greppia moderna: la distribuzione commerciale che ormai ci copre come un manto di stelle nelle notti buone, e guai osare una critica, come di chi al solo pensiero di trovare chiusi i supermercati alla festa, minacciano rivoluzioni. Si sa, lo stomaco è lo stomaco, e noi qui possiamo mangiare e mangiare e anche sciupare cibo (è una realtà).

La verità non si sa bene qual è, se è il supermercato che ci obbliga a spendere pure alla festa o noi che obblighiamo lui (il supermercato), controvoglia, a stare sempre pronto a ingozzarci. Lo schiavo c’è, qual è?

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