Vi domanderete, perché questo titolo? Spiego. Perchè voglio parlare, poco, di un grande, al cui confronto ero e resto piccolo.
Di chi parlo? Di Giuseppe Guzzetti, che ho conosciuto bene agli albori del suo ingresso in politica; poi, a seguire, sempre meno, ferma l’amicizia, mano a mano che la sua statura e il suo prestigio aumentavano, fino, lo scrivo con una certa commozione, al solenne omaggio che in questi giorni, nella cornice del Teatro alla Scala, l’Italia vera ha reso a Guzzetti la meritata gratificazione.
Prima, e soprattutto, voglio scrivere di qualche aspetto curioso successo in gioventù, mia e sua.
Nei primi anni ’50 c’era un partito politico non mai abbastanza rimpianto, per me: la Democrazia Cristiana che, parlo specialmente di allora, gli anni di De Gasperi, per intenderci, operava con grande serietà per distribuire il sapere e il senso della politica, della sua funzione nella società e nelle istituzioni; gli incontri e i dibattiti erano continui, a partire dai gruppi giovanili si faceva formazione, attraverso la quale si preparava la classe dirigente perché si inserisse con cognizione nelle istituzioni, a partire dalle amministrazioni comunali e oltre, fino alle responsabilità nazionali, ove si giungeva attrezzati, preparati e, pur nella diversità e nella contrapposizione con le altre forze, in tutti i partiti vigeva la regola che la politica era una cosa seria (si direbbe invece che oggi la politica, perfino al governo, è decisa da pochissimi con gli smartphone e i twitter).
Torno sul binario. Il Movimento giovanile della DC arrivava a tenere corsi di preparazione nei fine settimana e, a volte, nei “ponti”. Ricordo quelli, ricorrenti, a Bellagio, a Monguzzo, a Cantù e a Zelbio. Proprio in questa località, durante un corso di fine settimana, ospitati dall’hotel National (struttura per i propri dipendenti e saltuariamente non occupata), noi, tanti ragazzotti comaschi e lecchesi (la DC era ancora unita) che ci conoscevamo tutti, scopriamo un giovanotto “nuovo”, già un po’ più adulto di noi (forse sui vent’anni), e tutti a chiederci “chi è, chi è?”. La risposta “E’ un certo Guzzetti e deve essere di Appiano Gentile”.
Sarà lì, in quel luogo, in un monte del Triangolo Lariano, che io e molti come me,vedono per la prima volta Giuseppe Guzzetti; sarà Beppe, per gli amici, tutta la vita.
Un tipo estroverso, se vogliamo non longilineo, piacevole nell’approccio. Di quella occasione ho un ricordo ancora molto vivo. Lo racconto: in una di quelle giornate formative, dopo le “comunicazioni” di Mario Martinelli e di Lorenzo Spallino, ben due Ministri che la Provincia di Como aveva nel Governo di allora, il primo alle Finanze, il secondo alle Poste, tutti noi si mangiava, si rideva e si scherzava, come tutti i ragazzi. Bene, penso che l’idea fosse dell’ancora neofita Beppe Guzzetti, quella di requisire il pentolame della cucina e relativa posateria, e organizzare una vera e propria processione con “tamburi” e “percussori”. Con questo simpatico e originale gran baccano (si cantava pure, credo Bianco Fiore), marciammo dentro la sala dell’albergo ma anche all’esterno, con l’evidente meraviglia della gente. Guzzetti “apriva” la processione…
Potrei fermarmi qui. Il ricordo è bello (anche dopo circa 60 anni) e penso che anche lui se lo ricorderà.
Ma non posso non accennare al seguito della conoscenza di Beppe Guzzetti. Diventa avvocato e quella professione non l’abbandonerà mai; si dice che conciliasse quella con i tanti impegni politici ricevendo i clienti prima dell’alba.
Nel partito e nelle istituzioni una rapida e importante carriera; nel percorso c’è anche il lutto per la moglie, molto sofferto.
Nel Partito, la DC, si era in molti, tutti bravi, alla frequentazione del grande Albertino Marcora, capo partigiano e referente della “Base”, la corrente di sinistra della DC; con noi c’era il compianto Rino Golfari poi Presidente della Regione ove fu, a sua volta, Guzzetti, c’era Virginio Rognoni, poi autorevole Ministro dell’Interno e molti altri.
Ora sarebbe lungo e arduo ripercorrere tutti i traguardi di Beppe Guzzetti nel Partito e nelle Istituzioni, è però il caso di affermare, senza tema di smentita, come il nostro amico, lasciata la
politica e accostatosi al mondo bancario, con intuizione e caparbietà, seppe sposare la grande potenzialità di un istituto di credito per moltiplicarne gli effetti positivi latenti. Guzzetti, sul gigantesco albero delle Fondazioni bancarie che lui ha fatto crescere, è riuscito dove altri no, a forgiare e mettere capitali importanti in ‘servizio permanente effettivo’ verso i titoli più nobili tra i bisogni attuali della società: i poveri, la cultura, le necessità delle persone, l’abitazione.
E su questi obiettivi, spesso mettendosi contro corrente a uno scenario della politica che lavorava per se stesso, Guzzetti ha esaltato e sparso una capacità, un esempio e dei risultati che ora tutti gli riconoscono.
Grande merito! Dalle pentole di Zelbio al Grazie nel Teatro alla Scala.
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