Mattarella “Per fortuna…”

di Umberto Cogliati
Standard
mattarella

Sul discorso di insediamento di Sergio Mattarella davanti al Parlamento si è ormai detto e scritto tanto e tant’altro ci sarebbe ancora.

Si potrebbe dire che quell’intervento, di spessore, più che rivolto alle Camere fosse rivolto al Paese, agli obiettivi che un Paese moderno e civile deve coltivarsi e per i quali il Parlamento che li ascoltava doveva assumersi l’incarico di promuoverli.

Gli applausi, ripetuti, avrebbero dovuto essere il significato, l’essere d’accordo, alla “tirata d’orecchi” che il Capo della Nazione faceva all’Organo della democrazia per eccellenza, il Parlamento, che però, lo si è visto ad abbondanza, in questa fase, si presenta confuso se non sbandato rispetto ai suoi doveri.

Si potrebbe dire che Mattarella ha tenuto un discorso da Capo del Governo e anche da tutore del Parlamento. Compiti non suoi, secondo la Costituzione ma, visto lo scenario che le forze politiche che guidano (o dovrebbero guidare) i massimi organi dello Stato ma che oggi hanno rappresentato solo quella l’obbligata chiamata del Presidente della Repubblica che ci voleva.

Mattarella ha pronunciato un discorso, e l’ha fatto col garbo che gli è proprio, e non per questo mancante di forza, ottenendo in questo caso di esorcizzare il brutto ricordo che il suo predecessore Giorgio Napolitano, chiamato al bis, e che in quella occasione aveva strigliato, inutilmente, il Parlamento, senza ottenere, purtroppo, quel cambio di marcia che il volgo, dopo un tale autorevole richiamo, si sarebbe aspettato. Non fu così. E le condizioni di allora si sono fors’anche aggravate, e un esame anche superficiale della condizione dei partiti oggi lo conferma.

E che dire a questo punto? Che Mattarella venga ascoltato!

Ma per entrare nel merito dell’importante discorso del Capo dello Stato, ci limitiamo a sottolinearne e integrarne qualche aspetto.

E’ emersa la sua insistenza sulla parola “dignità”, la quale si potrebbe definire il distintivo che ogni persona umana deve possedere per sua natura. Eppure questa parola, così maestosa, a volte, anche spesso, alle persone viene negata. L’esempio più grande di questa negazione risiede nell’esercizio del potere. Quel potere che, in tutti i campi, dovrebbe essere al servizio della comunità, di fatto diviene, per poco o per tanto, despota. Come? Nel rapporto che “chi comanda” usa nel trattare i sottoposti (parola impropria perché i “sottoposti” sono i “sovrani” e il “sottoposto” è, dovrebbe essere, chi, avendo potere, ne abusa). Per capirci meglio: ogni essere umano è, in quanto tale, portatore di diritti; ora succede che la società organizzata (il potere) scambia quei diritti come una “gentile concessione”, ossia quello che al cittadino spetta gli viene solo “concesso”, e se questa regola è diffusa più di quanto non si creda, si realizza una palese sottrazione della “dignità”.

Ora, Mattarella ha fatto un puntuale riferimento alla dignità come essenza, come principio inalienabile, e l’ha detto a un Parlamento, centro di potere, dal quale comportamento si evince, come e in che misura, il diritto del cittadino, e quindi la sua dignità, venga salvaguardata; non solo,

ma implementata laddove sia conculcata. Questo il delicatissimo ruolo del legislatore, il quale deve avere presente l’universo dei problemi che attengono dal primo all’ultimo i cittadini i quali, non dove sono tanti rispetto a dove sono pochi, ma tutti, dal primo all’ultimo, in quanto portatori dei richiamati diritti.

Qui il discorso sarebbe lungo, limitiamoci a reclamare molta attenzione verso la tendenza che anche da noi si sta dibattendo, di regolamentare le lobby, ossia i gruppi di interesse, ovviamente con l’intenzione di non avere prevaricazioni degli  uni sugli altri. Con l’intenzione…

Poi, l’abbiamo visto e sentito, Mattarella ha dipinto un profilo di Paese senza lasciare intentato alcun aspetto; ha praticamente dato il compito in classe a chi di dovere, leggi la classe politica, quella che si è vista costretta dalla propria incapacità, a chiedere in ginocchio un bis a un personaggio che, per diritto e per prassi, avrebbe preferito rinunciare.

Diamogli merito; pure se costretta questa classe politica si è ancora dotata di un personaggio di grande qualità il quale, in abbinata col Capo del Governo da lui voluto, riuscirà a presentare all’Europa e al Mondo, un Paese che nella sostanza vale molto di più della classe politica che dovrebbe rappresentarlo.

Da ultimo si può ben dire che per una scelta di tale importanza è giunta l’ora di sottrarla allo sfarinamento di coloro che ne avevano il compito e assegnarla al suffragio universale dell’intero popolo.

Scrivi un tuo contributo


Un Commento

  1. Tutto giusto, ma conciliare certe speranze con l’attuale livello della media della nostra società e quasi un sogno.