La ragione di preciso non la so, ma quando, ad esempio, nella stagione primaverile, vedo i prati pieni di margherite, mi viene in mente, sempre, l’eternità. Un concetto che a pensarci mi mette un groppo in gola e il motivo, razionalmente lo comprendo, ma il groppo mi resta.
Mi spiego. Bisogna fare ricorso a quello che la nostra mente ci consente di fare, ed è poco rispetto al problema, però proviamoci.
La nostra vita, qui sulla terra, è scandita da “periodi” convenzionali che noi chiamiamo “tempo” e che misuriamo con un nostro metro sempre convenzionale, ossia: i minuti secondi, i minuti primi, le ore, i giorni, le date, le settimane, i mesi, gli anni, i lustri, i secoli, ognuno dei quali pressappoco è un multiplo del più piccolo vicino a lui.
Allora, proviamo a pensare di toglierli questi paradigmi, cosa resta? Una sorta di vuoto che non ha né capo nè coda, vale a dire che non possiamo più stabilire quando una cosa comincia e quando finisce. Ma che “ci frega”, per noi terreni, è che presto o tardi, i citati paradigmi si fermano da soli perché arriva la morte. Campassimo 100 anni, dopo non ci sono più né minuti, né ore, ecc.
Ecco che la questione comincia a chiarirsi. Proviamo, in via empirica, virtuale, a non misurare più il tempo (si potrebbe ricorrere alle molte persone che oggi non portano più l’orologio, ma è un debole surrogato, il tempo lo guardano ancora), cioè a fare uno sforzo mentale per “fingere” che il tempo come lo misuriamo noi non ci sia più, e, da questa finzione, proiettarci sul concetto dell’eternità, che è una altra realtà ben maggiore, intendiamoci, il paragone non c’è, le mie margherite provo a traslarle per ognuna su un secolo e quando sono finite si torna daccapo, ma non che a un certo punto i secoli delle margherite finiscono, no, si torna sempre daccapo, poi cominciamo con i granelli di sabbia sulla spiaggia di Alassio o di Rimini, ogni granello è un secolo, e, ovviamente, e questi ci mettono molto più tempo delle margherite a finire ma non cambia niente perché noi ci siamo “spostati” in un mondo senza tempo.
Qualche altro esempio: i granelli di sabbia del deserto, le gocce di acqua degli oceani; ognuno un secolo.
Il presupposto per affrontare e vivere senza più misurare il tempo è collocarci nell’eternità. (il groppo che oggi mi intristisce non ci sarà più perché stando fuori dal tempo non ci saranno più il giorno e la notte, le stagioni, gli orari dei treni, gli appuntamenti, le riunioni e le assemblee, i pranzi e le cene, il peccato, questo sparirà anche lui.
Ora il groppo non è più sul concetto di eternità ma su un dilemma ancora più difficile, e come se difficile!
La materia è un po’ più complessa. Perché? Perché sono partito con l’intento di chiarire a me e ad altri, il concetto di eternità per il motivo che questo, essendo così lontano dalla comprensione, spinge a darsi dei lumi, dei suggerimenti, tali da renderlo meno difficile; non so se ci sono riuscito, ora tenterò un seguito, a guardare da vicino due elementi che rendono concreta l’eternità.
L’eternità, in un mondo composto da miliardi e miliardi di oggetti, i soggetti che interpretano e “producono” eternità sono solo 2 (due): il paradiso e l’inferno, non me ne vengono altri ma è così perché questo sapere ci viene dalla nostra formazione che proviene come ceppo dalle verità insegnateci dalla dottrina cristiano- cattolica la quale, al suo intorno, esprime una infinità di aspetti il cui contenuto si riconduce sempre ai due “magazzini” di eternità, e due perché sono la destinazione di tutti i: il paradiso per i beati e l’inferno per i dannati. E questo scenario per un credente è la sostanza che, “creduta”, lo fa “credente”.
El mè pà el me diseva semper: vardi, bagai, che nün sem che pruvisori. E’ campato più di 100 anni e quella era una frase di una verità disarmante ma veritiera dalla quale però usciva il concetto di eternità. Per finire in bellezza: E lü, el me pà, l’ è sicürament sö in paradis, insemm a la sua Lisa, la mia mamm!
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