La Musica, educazione dello spirito

di Alfredo Dell’Oro (in intervista)
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Corale

Si dice che, tra le arti, la musica sia quella che prevale come forza nel colloquio con lo spirito dell’uomo. Oggi è l’occasione di parlarne con un interprete speciale, una persona che da ben 60 anni canta e appartiene alla Accademia Corale di Lecco, fra i primi gruppi polifonici sorto in Italia. E’ Alfredo Dell’Oro, lecchese, 82 anni; a lui, ricco di sapere ma di temperamento schivo, poniamo qualche domanda “sulla musica” e sulla sua singolare esperienza. 

Signor Dell’Oro, resistere 60 anni dentro una Corale la quale, si sa, è un insieme musicalmente esigente. Non le è mai calato l’entusiasmo? 

No, mai, anzi direi che il tempo accresce la passione; è vero che la nostra Corale è esigente, direi impegnativa, ma proprio questo rigore è quello che stimola e lega sempre di più la partecipazione.

Ci dica, come ha cominciato? 

Il mio povero papà si può dire avesse la musica nel sangue, ma lui più che scuola è stato un autodidatta, ed è riuscito egregiamente a diventare organista e anche a dirigere i cori nella chiesa. Io ho frequentato lezioni di pianoforte, ma la mia grande passione è stata, e lo è ancora, il canto corale.

L’Accademia Corale, nella quale lei è sicuramente il decano, che cosa rappresenta per Lecco?

Per prima cosa è un grande valore culturale; non tutte le città come Lecco o anche maggiori possono vantare di avere una Accademia Corale, e poi, di conseguenza è, per chi si avvicina, la ascolta e la segue, un vero godimento spirituale.

Può dirci in sintesi su quali performances vi muovete? 

Le dirò: il coro è formato da circa 36/40 elementi, metà uomini, metà donne; da un po’ sono entrati alcuni giovani, e questo fa molto piacere. Ci esibiamo con un repertorio classico che attinge a musicisti di molti secoli fa fino ad autori più moderni. Non li posso elencare tutti, ma il pensiero mi corre a Pier Luigi da Palestrina, Orazio Vecchi, a Monteverdi, a Gesualdo da Venosa, e, aggiungo, col rispetto che si deve, a Mozart e a tanti altri. Cantiamo fino a sei voci divise in due maschili (basso e tenore) e due femminili (soprano e contralto). Normalmente la durata dei concerti è di circa due ore. Le modalità dei concerti possono essere, oltre che a cappella, con strumenti o con orchestra.

In che sedi vi esibite? 

Molto spesso nelle chiese, ma anche in teatri, auditorium, e ogni luogo che si presti, meglio se acusticamente buono; a Lecco era tradizionale il concerto di San Nicolò in Basilica, che, per ragioni che non ho compreso, è stato sospeso, ma la nostra storia ci ha visto presenti in molte città d’Italia e parecchie volte anche all’estero in Paesi d’Europa, ricordo anche un concerto alla Radio della Svizzera Italiana molti anni fa. Attualmente stiamo sostenendo un concorso, non è il primo, qui vicino, a Merate, dove si stanno esibendo ben 12 corali polifoniche, provenienti dall’intera Lombardia, il cui esito si conoscerà a novembre. L’Accademia, inoltre, vanta numerose incisioni discografiche.

Quando, e da chi è stata fondata l’Accademia Corale di Lecco? 

Settanta anni fa, e coloro che l’hanno fondata e lanciata sono stati personaggi di grande levatura artistica e umana, in primo luogo il Professor Vincenzo Saputo, noto medico pediatra, poi è stata guidata da bravi dirigenti, che cito a memoria: i Presidenti Roberto Rusconi, Luigi Gaetani, Riccardo Zelioli, Mauro Chiesa, Armando Panzeri, Bruno Furlani, Ezio Fasoli, Ambrogio Cesana, Giuseppe Gandola, Giovanni Zecca, Ernesto Esposito, la Signora Francesca Fiocchi, Pino Pozzoli, Simone Zanellato; io stesso svolsi per un periodo l’incarico di Presidente; ma voglio ricordare anche i Maestri Direttori: Guido Camillucci, Angelo Mazza, Antonio Scaioli; le vere grandi menti musicali e fortuna per i gruppi che li hanno avuti a dirigere.

Qual è il vostro pubblico più affezionato? 

Bella domanda, e mi voglio spiegare bene. Nei miei 60 anni di presenza in Accademia, posso dire di avere registrato nel pubblico che assiste alle nostre esibizioni, una chiarissima evoluzione; molti anni fa era chiara una presenza di elité, persone di classi sociali medio alte e piuttosto in età matura; passando gli anni il pubblico si è assortito, con molta più gente anche di ceti, diciamo, senza offesa, inferiori, merito della accresciuta scolarizzazione e introduzione a una certa formazione musicale, fino a che, ultimamente, e questo apre il cuore e la speranza, si vedono non pochi giovani; questo fa molto piacere anche a noi che cantiamo. Per l’età sono miei nipoti e io canto anche per loro, con gioia!

Signor Alfredo, cosa si augura per la “sua” Accademia? 

Prima degli auguri voglio rivolgere un ringraziamento sincero ai miei colleghi cantori che condividono con me questo impegno, bello, ma con sacrificio. Per l’Accademia mi auguro due cose: la prima di poter ingaggiare più giovani da avviare a questa esperienza, che è sì di musica e di canto, ma è anche scuola di vita, e poi tutti ci auguriamo di riuscire a superare lo stop che oggi, venendo meno gli sponsor, e quindi gli introiti, non per noi che siamo volontari, ma non ci consente più di sostenere le spese per le trasferte fuori Lecco, in sedi che sarebbero interessanti.

Signor Dell’Oro, grazie per averci illustrato questa “perla” culturale della città di Lecco. Tanti complimenti e auguri per la continuazione della sua carriera musicale.

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Un Commento

  1. Ho letto l’intervista al Signor Alfredo Dell’Oro. A prima vista sembra incredibile che una persona pur appassionata di musica possa resistere per 60 anni a cantare in un complesso. Però, se lo dice sarà vero. Io non sono un appassionato di quel tipo di musica, mi piaceva e mi piace la musica leggera, quella che ha le parole, e in particolare quella italiana, perchè le parole in inglese anche se ci sono non le capisco. Però a pensarci bene, dico: se quella musica lì, diciamo classica, è così avvincente per certe persone, perchè non lo è per me (e come me ce ne sono tanti che la pensano così)? Non è che la colpa sia della società, o della scuola, o non so chi d’altro, che non ce la insegnano e così non possiamo apprezzarla? E’ un peccato, perché viviamo senza la soddisfazione di amare una cosa bella come la musica, quella musica. Lo dico in teoria, perchè, ripeto, non la conosco, ma capisco che sarebbe utile conoscerla.