Dobbiamo votare?

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Manca meno di un mese alle elezioni politiche, il 25 settembre il Paese è chiamato al voto. Noi, che siamo gli elettori, con una croce su una scheda, dovremo scegliere chi ci governerà nei prossimi anni.

Chi ci chiama al voto sono le cosiddette forze politiche; se ne guardiamo simboli e stemmi sembra più una carnevalata che un’offerta politica. E questo perché nel giro di un mese ci sono stati aggregazioni, alleanze, rotture e quant’altro si può dire di fantasioso meno che di politico serio.

Provo a scrivere un testo che sia facile, comprensibile a leggersi, perché la materia è di una sua complicatezza.

Tutti noi, almeno da quando è nato il Governo Draghi, siamo stati subissati dal valore di questo esperimento e tutti i partiti che hanno deciso di sostenerlo hanno dato l’impressione (solo l’impressione) di avere trovato finalmente, dopo tanto litigare, una formula valida per il bene del Paese. E a noi sembrava che i partiti, con Draghi Presidente, avessero trovato quella saggezza che da tempo noi rimproveravamo non avessero più. Almeno a livello di sussurro si dava per scontato che Draghi avrebbe guidato la legislatura fino alla sua fine naturale del 2023.

Illusione. Non fu così; l’interesse, vero o presunto, di ciascun partito di ottenere più voti per sé, rompendo la coalizione Draghi emerse fino a contraddire i proficui mesi precedenti al punto di cacciare Draghi e tornare alle vecchie pratiche di battaglie elettorali spinte allo spasimo, mettendo in piedi una gara tra partiti singoli o coalizzati, ognuno con contenuti differenti, sempre roboanti, difficilmente comprensibili nella pratica attuazione, da qualcuno di questi, che azzardo, inserendo nei loro copioni il richiamo ispiratore alla linea Draghi.

Siamo a questo punto: partiti che si spaccano, che si alleano il lunedì e si rompono il martedì, tutti portatori verso l’elettorato di un messaggio accattivante; promesse a parole tutte accettabili ma che non hanno un fondo di credibilità per mettere l’elettore, cioè noi, nella condizione di credere a quei messaggi.

Ma allora, ci  si chiede, perché si tengono le elezioni?

Risposta: per consentire al popolo di votare persone che diano la speranza di realizzare quello che promettono.

Come? E’ qui che comincia lo scandalo.

Le elezioni dovrebbero essere un fenomeno (il più importante in democrazia) che chiama tutto il popolo a scegliersi i governanti ma in un modo che quel popolo abbia chiaro cosa succede col suo voto. Invece non è così.

Il sistema elettorale, brutta bestia, è fatto in modo che chi vota non sa dove va a finire il suo voto!

Questa è democrazia? Ad ogni partito interessa prendere più voti possibili per ottenere più potere, per sé o da compravendere con altri. Chi si ricorda la simpatica possibilità di esprimere sulla scheda elettorale una preferenza per un candidato preferito, appunto? Non c’è più, è una cortesia sepolta! Di fatto gli eletti sono stabiliti dai partiti e il popolo (quello che secondo la Costituzione è titolare della sovranità) non conta più nulla ma sono i partiti che fanno e disfano. Il sistema elettorale è sempre meno comprensibile e chi vota ha il ruolo di servo del potere della partitocrazia.

E chi sono questi partiti? Sono di fatto solo gruppi di potere con un capo che decide e senza nessuna democrazia al proprio interno, mentre la Costituzione (art.49) vuole che siano organismi a metodo democratico. Non lo sono, e siccome sono loro che comandano lasciano le cose come stanno perché così a loro conviene, anzi, a ben vedere, ogni atto che emerge dal nostro sistema parlamentare, è carente sotto l’aspetto democratico.

 

In questo quadro come si può pretendere che il popolo vada a votare in massa e l’assenteismo non aumenti sempre di più?

La felice parentesi di avere portato due galantuomini nelle stanze del potere: Mattarella alla Presidenza della Repubblica e Draghi a Capo del Governo, sta consumandosi (Berlusconi ha perfino detto che se vince lui e i suoi amici del centro destra, Mattarella può fare le valige. Cose da manicomio).

Questo dico fatto salvo l’ottimismo sul futuro, caratteristica dei grandi uomini, espresso da Mario Draghi a Rimini.

E allora, che consiglio dare? L’astensione dal voto alla quale si è tentati non è mai una bella cosa perché è l’anticamera della dittatura. E allora si scelga il meno peggio. Come? E’ qui  il difficile.

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