Scrivo questa riflessione nei giorni in cui, al Senato della Repubblica, i nostri rappresentanti si stanno accapigliando sulla proposta di legge (cosiddetta Cirinnà) che concederebbe le Unioni civili a persone dello stesso sesso; tra le altre motivazioni a sostegno della legge c’è che, in Europa, l’Italia è l’ultima a riconoscerli.
La prima osservazione è questa: se quelli richiesti sono diritti civili, ovvii e conclamati, che bisogno c’è di litigare su una legge che li considera?. Può essere che il “litigio” nasca da qualche “appendice” presente nella proposta di legge che stabilisce cose che vanno oltre il diritto civile delle persone omosessuali di per sé, ma prevedano istituti, comprensibili ma discutibili, come l’adozione di figli del “compagno” (o “compagna”) col quale ci si è uniti. Qui pare che il concetto di diritto civile si vada estendendo a soggetti (i figli), il cui trascinamento dentro la “unione” solleva problematiche non sempre tranquille.
Ma voglio limitarmi alla prima parte del diritto civile richiesto e alla canea parlamentare la quale arriva a coprire gli altri gravi problemi presenti e urgenti nel Paese.
Sto ai diritti civili. Osservo come, con un minimo di indagine, scopriamo quanti sono gli aspetti nei quali i diritti civili vengono negati senza che il Paese (Parlamento compreso) faccia una piega.
In questo senso voglio alludere al sistema delle carceri italiane e di coloro che lì dentro stanno rinchiusi. Ora, se per le unioni civili, di cui ho detto, si invoca la Costituzione (art.3) che assicura la parità di diritti a tutti i cittadini, aggiungiamo a quello l’art.27 della stessa Costituzione che regola sia i diritti delle persone recluse, sia la finalità della pena della carcerazione.
Esso dice: “Le pene non possono consistere in trattamenti contrari a senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato”.
Non è mistero per nessuno di come le carceri italiane siano gravemente inadempienti rispetto al dettato costituzionale ed è noto come queste inadempienze siano state ripetutamente sanzionate dagli organi della Unione Europea (e non è poco, anche per la vergogna che attira su di sé un Paese moderno).
Di cosa parliamo? Dei molti carcerati rinchiusi in attesa di giudizio, quando il già richiamato art.27 stabilisce che “L’imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva”. Qui i commenti si sprecano, sia sui tempi biblici di svolgimento dei processi, ma anche su quel “piccolo” aspetto che vorrebbe, nel carcere, la rieducazione del condannato, che qui ancora non c’è perché non ancora processato, e allora? Cosa dire della condizione di sovraffollamento delle carceri che costringe (non sempre) alla disponibilità di 3 metri quadrati di spazio per ogni recluso, o della tensione che si crea nelle carceri per la impossibilità di conferire col magistrato di sorveglianza, o perché non c’è e non viene rimpiazzato, o perché opera a sua discrezione, o anche per le restrizioni ai colloqui con i familiari (aspetto molto parente di quella affettività richiamata come principio di eguaglianza per le unioni civili!).
Questo nel nostro Paese, ma di ciò cosa pensa l’opinione pubblica di “questo Paese”?
In questi giorni la gente, così come avviene in Senato, si accalora sulla vicenda della legge Cirinnà, ma su altri importanti aspetti dei diritti civili, in un Paese che si definisce civile, non si pronuncia: si va dall’indifferenza fino al “buttiamo la chiave”, pensando che questo possa essere il dovere: fa tristezza.
Sui diritti civili negati ci sarebbe molto da dire; la radice di queste carenze e degli atteggiamenti molto diffusi tra le persone si fonda su molti aspetti: uno per tutti è che la media delle persone crede che le regole debbano essere “su misura” ossia quello che conviene è la norma, il resto non conta, e di questo passo si arriva alla “dittatura” della maggioranza.
Nel 1947, quando i Padri vararono la Costituzione, fiduciosi, forse pensavano a un Paese che avrebbe fatto propri quei sani principi. Si sbagliarono?
Aggiungo che ci sono altri diritti negati in Italia, quelli della parità di genere, nonostante le nostre leggi, tra le migliori europee, li garantiscano.
Quindi il problema italiano è quello culturale. Siamo un Paese bravissimo a dire cosa serve, molto meno a farlo.
Gli ammazzamenti di donne, praticamente quotidiani, sono lì a testimoniarlo.
Rispetto all’accettazione dell’omosessualità siamo in ritardissimo, ancor più che sulla parità di genere. E… senza una legge.
Facciamola allora e diciamo chiaramente che siamo tutti contro l’utero in affitto, anche per le coppie eterosessuali. Non capisco però perché un uomo o una donna che abbiano avuto un figlio naturale, magari da precedenti esperienze, non possano, se lo vugliono, farlo adottare dal proprio compagnoo compagna. L’amore non si divide. Si moltiplica.
Quanto alle carceri, siamo altro che in ritardo. Ci sono ora opportunità di pene alternative, possibilità di rieducazione. Ma alla maggioranza piace pensare che si buttino via le chiavi. E non parliamo della contenzione degli spischici o delle persone anziane.Potrei continuare…
Facciamo spesso finta di niente. Anche quando le leggi ci sono.
Facciamola sta’ benedetta legge sulle unioni civili e alziamo, nel contempo, con l’educazione e la formazione, il livello di democrazia del nostro Paese. Non sarà la legge sulle unioni civili a cambiare il pensiero dominante, ma solleverà da un macigno molte persone, perché come mi ha detto un ragazzo in un corso di formazione di genere: ” Ho imparato, e mi ha fatto piacere, che sentirsi donna, non è reato!”