Chi comanda, il virus o le Istituzioni?

di Umberto Cogliati
Standard
covid19

Fino a tre mesi fa il mondo era fatto in questo modo: Paesi progrediti, con tanti abitanti opulenti, mischiati a una fascia di poveri: “tollerata”. Paesi di grande potenza che spendevano somme sbalorditive in armamenti: “tollerati”. Guerre vere in molte parti della terra con centinaia di morti ammazzati ogni giorno dalle bombe, dai fucili, se non dai gas: “tollerati”, perché buoni acquirenti di armi e fuori dalla porta di casa. Milioni, tanti, di persone, a parte la fame (e non è poco, se l’avete provata), senza accesso all’acqua pulita: “tollerati”.

Questo “equilibrio” tra le potenze, che comandano, e molti che ubbidiscono, anche perché, disponendo di una relativa agiatezza, per costoro importa poco se chi comanda è la grande finanza o il lavoro quotidiano (che peraltro può esserci o sparire dove contano i soldi e non le persone), c’era fino a tre mesi fa.

Insomma, un gigantesco equilibrio, come una piramide che assicura potenza al suo vertice, lascia vivere quelli a metà (che si accontentano), e per quelli che muoiono di fame o di sete (la base della piramide), si dice saranno pure affari loro (fine del trimestre a.v.).

Arriva il Coronavirus. Il mondo di cui sopra, specie la parte più in alto della piramide, è sconvolto e non sa cosa fare.

Dalla sera alla mattina tutti, specie i potenti, sulle prime credono che la loro potenza abbia la forza di vincerlo quel male. Balbettano, provano a negarne l’esistenza (chi ricorda Don Ferrante nel Manzoni?), invocano misure a contrasto che fanno ridere (immunità di gregge) se non ci fosse da piangere.

Poi, il peggio del peggio. E solo dal giorno dopo che si è diffusa, ovunque, la certezza che di mezzo c’era la salute e la vita, per tutti, la cosa si è fatta seria.  Ecco il peggio, amaro. All’apparire del contagio, alla presa d’atto, plateale, della inadeguatezza del mondo a farvi fronte, non a eliminarlo, impossibile subito, se ne comprese l’enorme difficoltà a fronteggiarlo almeno per contenerne gli esiti catastrofici.

La dimensione della pandemia è tale che una autorità, una sola, deve prendere in mano la questione; il livello è mondiale e mondiale deve essere il soggetto, i poteri che detiene, propri o subito delegati, entro il quale confluire ogni centro, ogni istituto di ricerca, ogni ricercatore singolo, ogni risorsa, ogni decisione, e questa con caratteri cogenti, obbligatori. Solo con tale approccio la piaga del Covid 19, nemico invisibile, avrebbe trovato il mondo intero a contrastarlo, con regole decise, e tutti a ubbidire. Non è successo e non sta succedendo. Non c’è ONU che tenga, non c’è OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) che detiene autorevolezza pari alla dimensione  mondiale del fenomeno, non c’è potenza capace di dare indicazioni efficaci, non c’è Unione Europea che comprenda e faccia capire cosa sia questo dramma.

E, in “casa nostra”?

Vediamola questa Unione Europea (che resiste come “europea” ma come “Unione” si teme sia sempre più un ricordo).

Ogni Paese fa quel che vuole; e pensare che l’Europa, che è solo una porzione del mondo, sarebbe quella che avrebbe/potrebbe, a prescindere dal resto del mondo, offrire una impronta risolutiva, avendone le capacità, e offrendo, ove del caso, un esempio agli altri Paesi. Ossia un’Europa che si frustasse le reni e portasse il continente con cipiglio a emergere nella storia come il vero Vecchio Continente. Sarebbe stata l’occasione, finalmente, di sancire, con la complicità della pandemia, la figura  di cos’è e  cosa  è  in  grado di fare  questa Europa nei momenti  difficili.  Invece, da dire sottovoce, con queste continue rotture, l’Europa con l’abito di Arlecchino sta fabbricando una ulteriore debolezza di cui non si sentiva il bisogno.

C’è una questione economica, importantissima, sulla quale l’Europa è stata interpellata. Cosa si è visto? Che i dirigenti europei più aperti, vale a dire chi sostiene che la salute viene assolutamente prima, hanno aperto la strada a copiosi impegni finanziari (sospensione del patto di stabilità, ecc.); in questo contesto si sono trovati Paesi importanti come la Francia, la Spagna e l’Italia, scettica la Germania ma disponibile al compromesso; decisamente, ostinatamente contraria l’Olanda. La posizione olandese, meglio dire il pulpito, rappresenta un Paese che in Europa è il primo rifugio fiscale per migliaia di aziende (anche italiane) attirate da un fisco molto favorevole. Ecco il pulpito!

E l’Italia, il nostro Paese?

Di Arlecchino è la Patria, e lo sta colpevolmente dimostrando. Viene citata come esempio, l’Italia, per come ha affrontato il problema. C’è una carità di Patria per inorgoglirci, ma che non ci toglie nessuna delle vittime nelle quali primeggiamo.

E anche da noi, il famoso “uniti si vince”, molto sbandierato, sta nuotando ogni giorno sempre più nel fai da te: Il Governo decreta, le Regioni dissentono e fanno diverso: la Liguria apre le spiagge, il Veneto apre allo jogging, la Campania tiene tutto chiuso meno gli abiti dei bambini; molti Comuni perfino si divertono a personalizzare i loro interventi (a Como danno le multe, a Lecco, no). Presumono che il signor Virus, mentre passeggia, tenga conto di queste articolazioni.

Intanto si è sentita la costituzione di almeno quattro “cabine di regia”; regia di cosa, di grazia? Forse delle promesse, che ora piovono (e perché prima no?): test sierologici, tamponi, più sicurezze per gli operatori sanitari (i veri eroi!), mascherine (mascherine, non portaerei, quelle già le abbiamo, le mascherine forse sì, forse no).

In questa condizione, a rischio nella sostanza e deprimente nella forma, la desolazione, che un poco ci assale, fatica a individuare soggetti di speranza. Per noi italiani, nella noia di una classe politica che non ci scalda più il cuore, abbiamo almeno un riferimento affidabile nel Presidente della Repubblica, saggio ed equilibrato, e, più su, per l’intera cristianità, ma non solo, la figura di Papa Francesco che comprende, dedica il suo Ministero a infondere fiducia e Speranza a questo mondo disorientato!

Scrivi un tuo contributo