Andiamo a votare?

di Umberto Cogliati
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Il titolo è banale ma il problema è molto serio. Sì, ci andiamo, ma dare una indicazione o fare una previsione sarebbe azzardato. Intanto il 4 marzo tanti ci chiedono il voto. Sembra un teatro: tutti promettono tutto, è storia vecchia, ma oggi, forse per rendere quelle promesse più credibili, si sono moltiplicati i promettenti. Per stare alla scena nazionale, a questa tornata si aggiungono: per primo il grande famoso 5 Stelle poi Liberi e Uguali, poi i Fratelli d’Italia, poi la Bonino, poi la Lorenzin, (ma ce ne sono molti altri), poi…tutti quelli di prima. Una evidente semplificazione.

Per metter su questo circo la politica si è data una nuova legge elettorale che se un profano non ha la patente non la comprende (della serie: avvicinare il popolo alla politica); ma cosa importa? L’elettorato tanto abbocca e vota, chi non vuole sta a casa (della stessa serie).

Le promesse. Che siano una cosa seria lo si vede sia dai soldi che non ci sono per mantenerle, sia da certe alleanze messe su solo per battere concorrenti ma che tra contraenti si dicono cose opposte (vedi Forza Italia e Lega).

Ma questo teatro di paradossi ne ha molti di più. La prima incongruenza è che è partita la moda del dire che c’è la ripresa, con l’aria di affermare che stiamo diventando ricchi, e con questa notizia si mettono a tacere i veri guai del Paese e come si dovrebbe, in maniera responsabile e coi conti che quadrano, tracciare una proposta per affrontarli e risolverli. Siamo il Paese con un debito pubblico che costa 70 miliardi l’anno di interessi, col più alto numero di giovani senza lavoro, con una corruzione divenuta sistema, con una criminalità organizzata padrona di pezzi d’Italia e di grandi giri di denari sporchi, col numero di laureati che occorrono allo sviluppo, più basso d’Europa, che registra il più  basso numero di brevetti industriali (Poi ci sono le eccellenze, tante, ci mancherebbe!).

In questo elenco, steso per ricordare i doveri della politica, viene fuori, ahimè, il comportamento delle persone, che porta a dire “Ogni popolo ha il governo che si merita”. e il senso è che, si voglia o no, molti italiani sono avidi di privilegi, chiamiamoli assistenzialismo, e sono i vitalizi, sono gli stipendi d’oro, sono le false pensioni di invalidità, sono le raccomandazioni come regola per accedere a posti di lavoro, ecc. ecc.

Altro paradosso, apparentemente inspiegabile: aumenta la “chiamata” al voto e per contro aumentano le astensioni (siamo solo ai sondaggi, speriamo di sbagliare).

E’ qualunquismo?

Vediamoli i principali richiedenti i nostri voti. Per quasi tutti la leva per “fare partito”è stata il grande scontento, le ingiustizie, le ruberie della casta, il tutto subito dal popolo.

La prima è stata la Lega, con Roma ladrona, e sappiamo com’è finita; poi si sa, basta cambiare i suonatori ma la suonata è la stessa; invece di Roma ladrona, passato di moda, ci metti “via gli immigrati”, “fuori dall’euro”, tutte cose da bacchetta magica, e il giochino è fatto, perché  la pancia a volte prevale sulla testa. Poi lo si sa che, governo sì o governo no, al governo la Lega c’è stata e non poco, ma l’Italia non l’ha cambiata. Era con Berlusconi, due prodotti tra i più ricordati  sono il porcellum e le buone leggi promosse dal cavaliere (nel senso di buone per lui). Ora questa alleanza ha immesso un pugno di fascisti e un gruppo di noti politici sbandanti, un giorno di qua, l’altro di là.

Spazio ce n’era tanto e chi è intelligente lo occupa.

Un certo Casaleggio, bravo di suo, ha intuito che non sarebbe stato così difficile in un movimento la giusta protesta delle masse, a condizione di avere un megafono di straordinario effetto mediatico disposto a giocarsi. Trovato Beppe Grillo e la sua straordinaria capacità di richiamo le piazze si sono riempite e il Movimento 5 Stelle è dato come primo partito nella Repubblica Italiana. Ma, per governare, anzi, Governare, un Paese, bastano le urla e le piazze piene? Governare è più difficile che raccogliere voti. Forse ci vuole la politica, anzi, la Politica, che l’Italia ha pure avuto, non ora, negli anni della ricostruzione! La democrazia è anche il “contarsi”e vedere chi  ha  la maggioranza,  non  basta  una  “piattaforma Rousseau”  (che è?)  per buttare via quel  vecchiume di quando ci si contava, né può bastare il giovinotto politicamente imberbe che è Luigi Di Maio, sveglio e buon parlatore, ma non riempie le piazze, si limiterà a riempire le urne ma senza credenziali personali è difficile reggere.

Di Berlusconi ho già detto; ora si rilancia, ma solo uno abile a vendersi come lui, ha la forza di mettere il simbolo Berlusconi Presidente (di che?). anche se non è nemmeno candidabile per una condanna.

Ci sono i democratici, il PD. Fondato che fu il nuovo partito la vecchia nomenclatura non dava segni di rinnovamento come nelle intenzioni dei fondatori, (basti ricordare, per chi non dimentica, la finzione di Bersani e a lui vicini contro una legge elettorale immonda senza muovere un dito per cambiarla). Compare il giovane “rottamatore”, il ragazzo è sveglio e veloce; si sa imporre “quasi” subito alla guida del partito e subito, con modi che tradiscono un certo stile di accanimento, fa le scarpe al tranquillo Enrico Letta e si insedia alla guida del Governo. E’ da qui che cominciano i guai; ancora paradossi: da un lato una azione di governo importante e valida su molti temi (lavoro, scuola, ecc.), si scontra ogni santo giorno con l’atteggiamento di un premier che sta sull’arrogante e sull’indisponibile all’ascolto e alla mediazione fino al punto di inimicarsi gran parte del Paese e, quel che più conta, di un arco assai esteso, a prescindere da destra o sinistra, dal mondo sindacale e all’interno stesso del suo partito, al punto di provocare, per questo, anche se non solo per questo, prima il naufragio di una riforma costituzionale, certo perfettibile, ma indirizzata alla modernizzazione del Paese, fino alla rovinosa scissione sulla sinistra. E non parliamo dell’atteggiamento di Renzi sulle banche; lì c’è stato di tutto e di più per rovinarsi con le proprie mani. Può essere che non ci sia stato del dolo, ma siccome anche in politica quello che appare conta, la vicenda di Banca Etruria e della ministra Boschi, compresa la recente candidatura della stessa a Bolzano (sì,Bolzano), una sorta di sfida che si può meglio chiamare sfiducia, nell’uomo, tale da compromettere non poco la prossima competizione elettorale.

Ci sono i partitini minori. Sono moltissimi, occupiamoci di soli due: quello della Bonino, figura certamente capace ed eccellente in politica, italiana e anche europea (il suo raggruppamento si definisce “Più Europa”). Il tema Europa sarebbe il primo su tutti, ma quella donna raccoglierà le briciole perché estranea al “circo”. C’è la lista della Lorenzin, personaggio emerso da poco sulla questione vaccini che ha guidato con una encomiabile caparbietà; anche questa prenderà gli avanzi perché slegata dalle trombe degli imbonitori.

Infine, lo teniamo per ultimo, il partito dei sinistri che più non si può. Solo da noi può succedere che le altissime autorità in carica nella Repubblica, Presidenti dei due rami del Parlamento, arrivate a quel ruolo (diciamo anche questo) con l’aiuto non secondario di un certo Matteo Renzi, si sono sentiti, entrambi, e visto che l’aria tirava da altra parte, di “sputare nel piatto …..” Anche lo stile a volte è sostanza.

,Sorvoliamo sul fenomeno della formazione delle liste perché congeniale ai soggetti già descritti, genitori di una legge elettorale che è l’esatto contrario  di quello che si invoca “avviciniamo il popolo alla politica”.

Per tornare al quadro generale. A prescindere da chi le elezioni le vincerà e anche da chi dirà di averle vinte, la formazione di una maggioranza di Governo appare difficilmente preventivabile, salvo che non succedano cose oggi inimmaginabili. E allora? Nuove elezioni! Ma il dramma, in carico al “povero” Mattarella, sarà di imporre prima una nuova legge elettorale e, fin che questa sarà pronta, tenerci il Governo in carica, ossia Gentiloni.

Ognuno scelga per chi votare.

 

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