Il virus che stiamo patendo, chi più, chi meno, ma con fondate lamentele tutti, per quanto riguarda l’Italia, ossia il nostro Paese, col più grande plauso, non dimentichiamolo, ai sanitari che sono sottoposti a un sacrificio immane, pare si stia avviando su un percorso di qualche respiro, che, se pur difficile e complicato, riaccende almeno due tipi di speranza: la prima è quella di assecondare il comportamento del medesimo virus che, sembra, si sia incamminato a mettere giudizio, e la seconda che riguarda le innumerevoli attività economiche le quali, speriamo ce la facciano in tante, hanno “voglia di lavorare”.
Una terza speranza, importantissima, riguarderebbe la scuola, che però, essendo capitolo che non rende in economia ma solo in cultura, la si farà ripartire più avanti senza che, per ora, compaiano rivoluzioni.
Proseguo nello scenario. Questi 80 giorni “convissuti” col virus, hanno messo in mostra di tutto e di più. Intendo dire che il popolo ne ha sentite tante, ma tante, da non raccapezzarsi; e passi per i politici ai quali, quanto a pressappoco e a promesse non mantenute, ci siamo abituati, ma il peggio è che la confusione è venuta dai tecnici: scienziati, ricercatori, virologi, infettivologi, epidemiologi, categorie a cui, per istinto, anche perché categorie altre dai politici, si è portati a credere, e così, all’inizio, fu, ma, con il passare dei giorni, si è capita almeno una cosa, una sola ma importante, che anche tutti quei grandi luminari la verità la possiedono sì e no, ma il peggio (ho avuto questa impressione) è che ognuno il proprio “sapere” lo presenta come la verità. A chi prestare fede?
Mentre scrivo è stato varato un provvedimento (DPCM?), tanto atteso, prima chiamato “aprile”, ma essendo in maggio ha preso un nome più pomposo. Si dice che quel decreto sarà di 500 pagine (?). Ce le immaginiamo le sorprese e le polemiche che susciterà (le ricordiamo quelle sul termine “congiunti”), e che, verosimilmente, consiglierà l’aggiunta di qualche decretino di correzione o chiarimento? E ancor peggio se, come si vocifera, qualche “manina” ci avesse infilato, a pagina, che so, 371, un bel condono edilizio….
Ora però devo tornare al titolo di questo pezzo, perché c’è materia.
La metto così. Una regola non scritta ma di buon senso afferma che ogni messaggio che chiunque trasmette debba essere capito, fino ad affermare che, se non fosse capito, non è perché il destinatario del messaggio è stupido, ma lo è chi non si è fatto capire.
In questo clima di pandemia, diciamolo, siamo invasi da messaggi: articoli di stampa, programmi televisivi, ecc., ecc., al punto che per il cittadino comune, non è agevole trovare la voce credibile, quindi si è portati a stare nell’indifferenza, che è cattiva consigliera e non certo d’aiuto in una materia così delicata per ogni persona.
L’ultima nell’ordine (perché non dirla?) è l’esatto contrario della regola “a prova di stupido”, al limite della presa in giro. Mi riferisco al numero che appare per versare somme a sostegno della
Protezione Civile, ma anche di altri soggetti: ecco un esempio:
IT84Z0306905020100000066387. E per chi non lo avesse memorizzato lo riscrivo:
IT84Z0306905020100000066387. Chiaro?
Bene, provo per un momento (solo per un momento) a pensare che ci siano ragioni importanti che più importanti non si può, che proibiscono di usare un numero a soli tre o quattro caratteri, e qui mi chiedo perché chi l’ha inventato, quello lungo più di un treno, non spiega la ragione di quel rompicapo. C’è chi dice sottovoce “sono le banche”. Se fosse, ancora meglio il chiarimento, perché molte persone delle banche ricorda, anche, quelle toscane e quelle venete, andate in palla per aver perso una montagna di soldi e chiesto pubblico soccorso. E chissà se chi le ha “salvate” ha dovuto usare quel codice lungo come il Frecciarossa?
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