Un ragionamento

di Umberto Cogliati
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tecnologia

Tutti i parecchi miliardi di persone che popolano questa terra hanno, possiedono, gli stessi diritti, però a questo possesso manca, è molto evidente, uno o più soggetti, un sistema che li assicuri loro questi diritti; la conseguenza è che nel mondo sono molto meno quelli che quei diritti li ottengono e molto più tanti coloro che non li possono soddisfare, o si potrebbe dire che quei “pochi” costringono i molti a quella triste condizione di campare (per chi campa) senza fruire dei diritti che pure possiede.

Sarebbe interessante elencare tutte le categorie  che godono dei diritti naturali per sapere cosa fare ove si volesse avviare un processo per aggiustare questa gigantesca differenza. Si dirà, non è facile, vero, ma è anche vero che, in ogni situazione, la prima cosa che occorre per modificare una stortura, è di rendersene conto e non “girare la testa” dall’altra parte.

In questo evocato elenco ci sono delle condizioni minime che chiameremo “minime” e  mano a mano, altre gigantesche che perfino si muovono in contrasto con i richiamati obiettivi egualitari.

Come episodi minimi (ma si fa per dire) sono ad esempio i nostri comportamenti  potremmo dire quotidiani, in una società pressoché opulenta, di nutrirsi in abbondanza e perfino di sprecare del buon cibo; tutto è relativo, si sa, e chiamiamoli pure minimi i nostri riti, ma questi hanno una pur riprovevole consistenza. Ma qui vorrei sottolineare le condizioni di alta negatività di quegli episodi che contrastano al benessere diffuso e quindi ai diritti riconosciuti.

Oggi, 2024, il mondo ci appare con una serie di visioni da un lato molto positive e dall’altro assai negative. Assistiamo contestualmente, ad esempio, al progredire di tecnologie in ogni settore: dalla medicina alla comunicazione, dalla scuola agli studi superiori, dall’agricoltura alle costruzioni, e altro, fino al recente e osannato ritrovato dell’intelligenza artificiale (chiamata A.I. per non fare torto agli inglesi) attraverso la quale con un gesto sopperiamo a una infinità di prestazioni della mente umana, all’avvicinamento di mondi una volta distanti e che ora rendono molto visibili anche le condizioni dell’umanità, la più varia e la più bisognosa. Tutti fenomeni da ascrivere a un processo che può essere migliorativo della condizione umana, basta che si volgano queste condizioni a fini di bene (e questo è un interrogativo).

Ora spostiamoci e vediamoli, in raffronto con casi positivi, come sono gli altrettanti negativi che esplodono e prolificano, anche, si può dire in ogni angolo del mondo.

Come si spiega, ci domandiamo, che quel mondo in cui convivono nella stessa epoca giganti del progresso e della tecnologia come i premi Nobel e le guerre; come si spiega che

a fronte delle innumerevoli conquiste del progresso   che si   aprono al mercato e alla giusta   concorrenza,   al merito,  all’interno di regole accettate, ci sia qualcuno che impone la prepotenza che impoverisce l’uomo e ne nega le virtù? Viviamo il grande paradosso, e ne siamo dispiaciuti, che colloca il grande progresso umano nella condizione di impotenza per arrestare chi nei fatti questo progresso lo nega e, probabilmente, se ne serve perfino per gli scopi perversi che da quello se ne possono trarre.

Si ha l’impressione, più che un’impressione, che al progredire della tecnologia, si accompagnino in parallelo, la nefandezza delle guerre e la spietatezza per come sono condotte nei confronti del re del Creato che è la persona umana.

Ora  ci chiediamo: come se ne esce? Non ci sono soluzioni facili. E questo nonostante la parte buona del mondo di impegno ne mostra assai. Si va dagli appelli di Francesco agli impegni di molte religioni, alle azioni di quel vasto mondo missionario (ingiustamente  bollato anche da taluni benpensanti), allo sterminato mondo del volontariato, alle azioni di molti singoli, sì anche di molti singoli che si votano ad alleviare situazioni di chi non può, fino a programmi generati da grandi capitalisti, i più sensibili, che si rivolgono meritoriamente al fine di lenire grosse piaghe che ancora attanagliano paesi poveri…

E noi europei, troppo tiepidi nei confronti dell’ assumerci delle posizioni che siano visibili, concrete ed efficaci per combattere questa situazione, dobbiamo superare l’atteggiamento che è mosso dalla paura che un domani potrebbe toccare a noi: non basta, e consideriamo che pure noi siamo europei!

Messo così il ragionamento scuote, o  dovrebbe scuoterci; il rischio è che nel dualismo sopra evidenziato, la scossa che manca stenti a giungerci perché la comoda condizione in cui viviamo ci tiene ancora al riparo di certi estremi . Altro sarebbe ad esempio per noi il trovarci tra quei miserabili che in Palestina stanno con le  pentole vuote ad aspettare un piatto di patate (se arriverà).

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