E’ il contrario della chiarezza. Ed è la situazione che avvertiamo in quest’epoca.
Per una serie di ragioni che vedremo di tratteggiare, stiamo vivendo un momento di non chiarezza che a dir poco ci infastidisce ma il fastidio che ci provoca non è un tipo di disturbo che è tale perché ci sottrae spazi di scelta o di autonomia, ma perché interferisce nell’universo delle migliori buone intenzioni che abbiamo, o crediamo di avere, vale a dire anche nell’impronta mentale di chi, tra noi,cerca di vivere e comportarsi attingendo ai più corretti obiettivi.
In parole più comprensibili, si ha l’impressione che la nostra volontà, rivolta al miglior fin di bene che sia, diversamente che in altri periodi, venga ostacolata da molti e molti elementi che le sottraggono capacità e quindi esiti.
Mai come di questi tempi ci viene difficile decidere una posizione personale che soddisfi mente e coscienza, che ci appaia coerente con la fede che da sempre abbiamo nei nostri valori i quali hanno sempre avuto appoggi di grande certezza e che invece, nella fluidità del momento, sembra che ci facciano trovare allo sbando.
Per fare esempi concreti e calzanti. Prendiamo la questione della guerra scoppiata con l’aggressione dell’Ucraina da parte della Russia. Su un tema del genere, ogni soggetto, ogni persona, da buon cristiano fedele al papa e al catechismo, su uno scenario come quello non avrebbe dubbi, e la dottrina della Chiesa non lascia margini di fraintendimento: un aggredito ha il diritto/dovere di difendersi con modalità commisurate al comportamento dell’aggressore; ora invece stiamo assistendo all’apparire di “distinguo” e di nuove nozioni che se non proprio mettono in forse quel diritto/dovere, dell’aggredito a difendersi, ci vanno vicino.
Come? Inserendo in quello scenario (che è bellico) aspetti che presi a sé hanno pure qualche fondamento ma che configgono con i principi più sopra evocati.
Quando si afferma, e con enfasi, che fornire armamenti all’Ucraina produce fatalmente perdite di ulteriori vite umane e che questo va contro il sacrosanto precetto del non uccidere, non si scopre nulla che già non si sapesse, ma la veemenza con la quale oggi (e non ieri) si pongono tali interrogativi, alimenta un tale stato di confusione sulle rette intenzioni di tutto lo scenario di modo che, a prescindere dalla buona fede e dalla buona volontà, risulta improbo evitarla la confusione; e non dimentichiamo che siamo non su problemi di poco conto, bensì su aspetti dottrinali di alto fondamento.
Forse tempo addietro la confusione che stiamo lamentando era meno percepibile perché la collocazione delle forze in campo era corrispondente a divisioni abbastanza nette e, tanto per fare un esempio “macro”, la religione e la politica, la società civile e il catechismo (per banalizzare ma neanche tanto) , pur poggiando su grandi masse composte dalle stesse persone, erano rappresentate in uno “sdoppiamento” che produceva, per ognuna delle radici di provenienza, una tale “obbedienza” senza che nessuno, degli uni e degli altri, si sentisse “disobbediente” rispetto a una “fede” o a un “credo” ritenuti di essere così interpretati.
Altro è, ed è quello che sto cercando a fatica di far capire, quando taluni principi, tutti intoccabili, non possono per questo essere traditi, mancando a qualcosa, a qualcuno di questi. A che cosa?
A questo interrogativo è difficilissimo rispondere.
Una delle possibili risposte è il senso della misura, non esagerare nell’un senso o nell’altro. Si direbbe, volgarizzando il concetto: un colpo al cerchio e un colpo alla botte. Sembra facile, ma non lo è.
Non proseguo oltre. Ho posto quesiti, non ho dato risposte. La confusione è questa.
Voi che mi leggete,poiché, non dimentichiamolo, ci sono in ballo vite umane, quale misura stabilireste?
Scrivi un tuo contributo