Quando si dice qualità…

di Umberto Cogliati
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Così abbiamo risolto la complicata questione del Presidente della Repubblica.

Merito di Sergio Mattarella, una persona “all’antica” che però se non ci fosse bisognerebbe inventarla. Un personaggio che ha gestito un settennato difficile ma con le idee chiare sul suo ruolo, prima fra tutte essere il Presidente di tutti gli italiani, condizione essenziale per ottenere il progresso del Paese. Da ultimo poi, Mattarella, deliberato a chiudere un’esperienza come dice la Costituzione: principio assai apprezzabile.

Qui nasce il primo scontro nella vicenda; non considerava il buon Mattarella, che la Costituzione alla quale lui si riferiva per il suo proposito, poggiasse su una classe politico-partitica che tiene ben altri comportamenti, per esempio  quella “sana allegria” di chi si ispira mettendo avanti la propria convenienza, sicché quella miriade di grandi (!) elettori non è riuscita a concordare la convergenza su una persona in grado di essere il nuovo Capo dello Stato.

Ma, si badi bene, non che non ci fossero personaggi stimabili e anche competenti, all’altezza di quell’ importante ruolo; se ne sono viste parecchie, fin troppe vorremmo dire, perché il Paese, checché se ne dica, di cittadini eccellenti ne annovera moltissimi, ma il guaio è che i  nostri rappresentanti, o che dovrebbero esserlo, si sono esercitati in veti incrociati, e questo a motivo che  ogni indicazione emergente, all’una o all’altra compagine non “conveniva”. Questo ha comportato la paralisi.

Non è proprio edificante che un Parlamento si eserciti solo a parlare,  mi si passi l’accostamento, ma si dimostri incapace di fare i fatti. Quella che si dice “qualità” purtroppo scarseggia nella gran parte delle forze politiche che siedono nei sacri luoghi in cui dovrebbero esercitarsi solo per il nostro bene.

Non poteva che essere così. Una risposta ci viene dall’osservare la genesi di parecchi di quei partiti: a cominciare da quelli nati per raddrizzare l’Italia dalle storture, che si sono evoluti riempiendo le piazze, ritenendo quello spettacolo sufficiente a governarlo il Paese; solo che a quelle piazze, roboanti, certo, mancavano quei valori di riferimento forti che hanno a suo tempo riscattato l’Italia: la Resistenza e la Costituzione.

Allora c’è stata la resa. Questa incapacità ha costretto ad andare in ginocchio a chiedere a Sergio Mattarella di provvedere lui.

Lo scenario si può definire così: la qualità ha vinto sulle chiacchiere. Si è stati al confine di finire nel nulla senza quelle due persone che la sorte ci ha dato in premio anche se non meritato; è stato il tandem Draghi più Mattarella che ci ha tolto da quel poco apprezzabile pasticcio; spendendo la loro qualità e il senso della responsabilità, in cinque minuti hanno dato soluzione al problema; lontano dalla parata  infinita di riunioni senza alcun esito se non quello, in verità solo presunto, di far prevalere la propria parte politica.

Oggi il mondo, diventato piccolo, ci guarda, ed è automatico che scenari  del genere non lascino un giudizio lusinghiero.

Sergio Mattarella è un democristiano vero. Figlio esemplare della migliore Democrazia Cristiana, tanto vituperata dai nuovi partiti ai quali mancano quelle antiche virtù: sapere dialogare per il vero bene di tutti e avere quelle capacità che invece ancora esistono in quel vegliardo che ha vinto su quei molti che la politica non sanno ancora come si esercita.

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