Sembra di parafrasare il “cotto e mangiato”; sì, è un tandem che un po’ gli assomiglia; come un cibo da cuocere non si può mangiare crudo, trasferito il principio in democrazia, la “cottura” è la discussione: guai se non ci fosse.
Ha fatto rumore, molto, l’idea (non ancora una proposta operativa) del segretario del PD Enrico Letta di prelevare una quota della tassa di successione, opportunamente elevata rispetto a oggi, per istituire un “fondo” da destinare ai diciottenni per le loro necessità. Non entro nel merito tecnicistico della idea, ma plaudo al fatto che ha avviato una utile discussione. La cosa ha acceso gli animi, della politica e anche della gente comune, e questo, lo ripeto, è buon segno.
Allora mi pongo anch’io qualche ragionamento e azzardo pure qualche giudizio.
Il rumore è stato senza dubbio provocato dall’immediatezza del giudizio dato dal premier Mario Draghi che ha detto, testuale “Non ne ho mai sentito parlare, ma ora è il momento che di soldi bisogna darne, non prelevarne”. Giudizio affrettato e, apparentemente, di “chiusura del caso”.
Non è andata così. Forse allo stesso Draghi, dopo aver contato fino a tredici, quella risposta è parsa intempestiva, e incongrua, e pare che, dopo un colloquio tra Draghi e il proponente Letta, le cose si siano un poco aggiustate, e va detto che Enrico Letta ha dichiarato poi che comunque lui insisterà.
Se c’è un difetto, bisogna dirlo, nell’idea di Letta è che quella proposta è isolata, ossia non richiama l’esigenza che si deve assolutamente, prima, porre mano a una riforma fiscale nella sua interezza, aspetto che avrebbe ben motivato l’immediata replica di Mario Draghi detta sopra.
Altre considerazioni, una perfino elementare: a prescindere dal merito della questione, i soldi, per poterli dare a qualcuno, bisogna prenderli da qualcun altro o da un’altra parte.
E allora nella discussione si può dire di tutto, e io dico la mia. E la tengo corta.
Lo scenario della vicenda presenta due termini, da un lato i giovani che per tanti e tanti motivi in questi ultimi due anni in particolare hanno toccato il fondo delle difficoltà e a questi bisogna pensare seriamente, sono il nostro domani, e invochiamo una sola voce che sta sopra a tutte, “il lavoro”, ma c’è molto dell’altro.
Il secondo termine individuato è quello di “prelevare” dai patrimoni oggetto di successione, e solo oltre una certa quota ritenuta “intangibile”, una somma, una tassa, che andrebbe a favore dei bisogni dei giovani.
C’è chi si chiede: “Fin dove è giusto che a un genitore, perché capace o semplicemente fortunato, avendo accumulato un cospicuo patrimonio, lo stato “tagli” quella fortuna destinata agli eredi?”.
Altri osservano: “Fin dove è giustificabile che eredi che senza muovere un dito vengano in possesso di fortune senza averne merito?”.
Altri ancora dicono: “Non è più giusto che, a fronte di ingenti patrimoni intestati a persone che lasciano questo mondo, e quindi lasciano anche i loro averi, si pensi al valore della solidarietà con persone che soffrono bisogni importanti?”.
Personalmente, si sarà capito, parteggio per questa tesi. La discussione è aperta.
Da ultimo è il caso di dire, e non è cosa indifferente, che, mentre in Italia la tassa di successione ha parametri risibili, nei principali Paesi europei è molto consistente.
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