E’ vero: in questa seconda fase della pandemia, diciamo da quando è arrivato il vaccino, il linguaggio di tutti: della politica, della scienza, di chi avendo bocca può parlare, è di quale, come, su chi, da quando, con che obiettivi, il vaccino verrà usato. E,solo per sfiorare l’argomento, la classe dirigente, tutta, non manca nessuno, ha la sua da dire, da consigliare, da stabilire, da premunire, e così via. Un solo argomento, forse il più importante: quale ordine di persone vaccinare prima e quali dopo.
Allora si apprende (si apprende, non chi la decide, se il governo, le regioni, le province autonome, ci sono anche loro, le città grandi, i Comuni, altri?) che si debba partire dagli operatori sanitari, poi gli ospiti delle Case di Riposo e poi altre categorie comprese qualcuna che sa di infiltrata che vuole arrivare prima di altra che, verosimilmente, è più “fragile”; per fare un solo esempio (a caso ma neanche tanto), gli ultraottantenni sono più a rischio della categoria dei giornalisti? E così discussioni a non finire fino a che prevale l’età anagrafica, ossia prima i più anziani, poi gli altri.
Mettiamo sotto la lente una di queste categorie, quelli che hanno più di ottant’anni (oggi si deve dire over ’80).
La domanda cruda è questa: quella scelta degli over ’80 è (solo) per tenerli in vita o potrebbe, già che si trattengono vivi, essere l’occasione per altro?
Perché a pensarci bene, se il covid non ci fosse o non ci fosse stato, gli over ’80 come erano considerati?
Attenzione! La misura dell’attenzione che oggi si mostra per cercare di tenere in vita gli over ’80 sembrerebbe celare chissà quale altra finalità. Quale altra utilità si potrà ricavare da questi anziani per il bene della società, tutta la società, non solo per il bene (comprensibile) della loro categoria?
Invece…….(fatte le debite eccezioni): come si concilia il ricorso al patrimonio di esperienze degli anziani con l’accelerato ricorso alle Case di Riposo? Come si concilia l’atteggiamento dei figli di questi anziani che considerano il “vecchio” un soggetto superato perché non sa usare il computer, lo smartphone e facebook, quindi praticamente soggetto sopportato verso il quale lo stesso dialogo viene di fatto in gran parte negato, con la scelta della vaccinazione per mantenerlo in vita?
Di esempi di queste incongruenze ce ne sarebbero in abbondanza.
Bene, di solito si dice che alle incongruenze si rimedia promovendo attività congruenti.
Ad esempio: chi l’ha detto che i vecchi non possono più esprimere energie intellettuali, certo, con metodi adatti alle loro condizioni: leggere, scrivere, ascoltare conferenze, fare viaggi in compagnia per visitare chiese, mostre, musei; assaggiare il vino, studiare la geografia locale, conoscere personalità locali spesso neglette (Manzoni, Stoppani, Cermenati, Borsieri, ecc.), coltivare l’orto, conoscere e farsi spiegare il dialetto, colloquiare con gli amministratori locali, fare feste di compleanno e dei coscritti, e si potrebbe continuare.
Il problema è che i più giovani non se la sentono, a volte o sempre, di allearsi a chi è anziano perché il giovane si sente “ricco di internet” e considera il vecchio che di internet non è ricco, un cencioso che non è più in grado di dare alcun contributo ai più giovani e alla società.
Rispetto al clima che ho descritto, prima ho detto “salvo eccezioni”. In verità anche nella nostra zona esistono, benemerite, associazioni, soggetti, iniziative che si occupano degli anziani, non come caregiver (fatevi spiegare cosa vuol dire), ma come sviluppo e accompagnamento dell’intelletto per sviluppare interessi e capacità che, fra l’altro, quando funzionano rendono meglio se fatte in gruppo piuttosto che affrontate singolarmente.
La conclusione che si può trarre è questa: la sveglia (sicuramente non piacevole) che ci ha dato il virus ha generato la gigantesca campagna di vaccinazioni e all’interno di questa la scelta della priorità per gli anziani.
Di questi, augurabile che l’esito sperato sia quello di tenerli tra noi, facciamone un tesoro, per loro, per chi è più giovane, per la società. Peccato non fare leva sull’esperienza che stiamo vivendo e scoprire che negli anziani ci sono opportunità alle quali se prestassimo orecchio, assolveremmo a un dovere e ne avremo una utilità.
So che qualcuno dirà che la sto facendo facile, ma a volte svegliare chi è assopito può essere un vantaggio, se poi è insperato, ancora meglio.
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