Il Buon Anno, come augurio, non si nega a nessuno. Ciò non toglie che non tutti gli anni dell’augurio siano uguali. Questo del 2021 si presta a moltissime riflessioni. Ne farò qualche esempio e mi scuso se tutto sarà sommario.
Prima del Covid c’era un mondo pressappoco diviso in due: il Nord e il Sud; la parte “godereccia”, del “benessere” spiccato, stava quasi tutta nell’emisfero Nord, cioè dove si viveva alla grassa. In poco tempo è comparso uno sconvolgimento che è sì culminato con la pandemia, ma è stato preceduto da fenomeni geopolitici ai quali non è da escludere la parentela con quel virus. Qualcuno di questi fenomeni, rispetto a un mondo che si vorrebbe ideale, fa rabbrividire.
Eccone qualche esempio.
La Cina, una crescita economica spaventosa ma un regime politico negatore dei diritti umani (scusate se è poco) a un “contenitore” di circa un miliardo e mezzo di persone. L’India, grande quasi come la Cina, è divisa in due: qualche milione di supertecnici preparati e pure invadenti il mercato internazionale e centinaia di milioni di affamati e semi abbandonati (quelli di Madre Teresa, per intenderci). Il Continente Africano, che si è liberato del tutto dal colonialismo (brutta cosa) e sostituito in molti paesi da guerre tribali fratricide (peggio). Da ultimo la cosa peggiore di tutte: la strategia delle grandi e medie potenze di fare e farsi la guerra “fuori casa”. Cosa è, se non questo, in Siria, nello Yemen, in Libia, nel Nagorno, in tutto il Medio Oriente, dove non c’è un paese in pace, una guerra (con centinaia di migliaia di morti, di orfani, di profughi)? E pensiamo alla Russia, all’Iran, alla Turchia, all’Egitto (e all’America che sta nell’anticamera) e a tutti questi conflitti combattuti fuori dalla loro terra, e i morti figli di altri, e potremmo andare avanti!
Poi arriva il Covid 19, e non ci vuole molto a capire come questa “novità” abbia “fatto giustizia”, non risparmiando né potenti né prepotenti, e ci siamo intesi.
Ora cadiamo in verticale sull’Italia, e sul nostro “percorso Covid”, pandemia caduta su un Paese politicamente ed economicamente debole, che di colpo ha dovuto interrogarsi e agire. E’ proprio qui che i difetti che il Paese aveva, col virus li ha esaltati e messi in mostra.
In sintesi: al Governo c’è un Capo “pescato nel mazzo” perché la politica si è “scolorita”. L’Italia è un Paese, oggi molto debole nell’insieme, ma ancora ricchissimo nelle sue parcelle: produttori, cervelli e fantasia. Giuseppe Conte non guida questo insieme di grandi qualità, lui è stato ingaggiato da quel sant’uomo di Mattarella, ma come si ingaggiano i mercenari, perché il convento non passava altro. Parla uno che, complice l’età, ha vissuto il difficile ma entusiasmante periodo di De Gasperi, ma quella era un’altra musica.
Conte (Giuseppe) è come un allenatore di calcio, cambia il Governo come tira l’aria, la destra e la sinistra per lui sono la sede stradale e, non sembri fuori luogo, con un vertice così, da debolezza a debolezza, da crisi delle maggioranze ai grandi pasticci: di questi, i più evidenti e gravi, il rapporto con le regioni e le regole dei molti DPCM., ivi compresa la campagna dei vaccini, dove c’è di mezzo la vita delle persone e non è chiaro chi la stia guidando (c’è un vice padreterno, Arcuri, ma il buongiorno si sta vedendo dal mattino?). Che salva Conte sono le “mance”, chiamate “bonus”, con buona pace per il debito pubblico, date ad ogni categoria, qualcuna giusta in linea di principio (i ristori), molte altre per farsi voler bene (la clientela). Tutto a debito, accompagnato dal mistero del rifiuto dei miliardi dall’Europa per le strutture sanitarie (MES), motivando quel rifiuto con la frase “i soldi ci sono”.
Buon Anno, Amici!
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