Un mio amico mi ha detto che in confessionale, al prete che raccoglieva la sua confessione, dichiarò di parlare male dei preti. Quel confessore, meravigliato da quella affermazione, volle saperne il motivo. Rispose il mio amico: perché non ascoltano e parlano male del papa. Si sentì rispondere: fai bene!
Sembra una facezia ma sta dimostrandosi una verità: papa Francesco è, dai preti, il meno ascoltato tra i papi. Mi rendo conto che questa è una affermazione abbastanza grave, e sempre opinabile, niente scienza esatta, tutto quello che volete, ma basta tendere l’orecchio per sentire (o non sentire) quello che i preti dicono di Francesco, e come sono disposti ad ascoltarlo.
Un passo indietro importante. Se si ritiene che il papa debba essere pastore, vediamo come Francesco sa parlare alle “pecore”, tutte, come a un gregge sterminato com’è grande l’umanità.
Ogni papa è stato importante, ma solo l’attuale pontefice sa mettersi in presa diretta con le moltitudini, a partire dai più umili e da quelli che hanno più bisogno, credenti o non credenti è la stessa cosa. Ora, il punto è qui, può essere che in questi messaggi così diretti ed efficaci, non sia a sufficienza coinvolta la “mediazione” dei preti (e dei vescovi?), che forse vedrebbero meglio una predicazione che passi da loro, e quindi…..
Da notare che l’esercizio dell’ubbidienza, che anche nella chiesa dovrebbe essere una virtù, se pensato, applicato, con certe prese di posizione di certi preti, che non disobbediscono formalmente, ma, stando sull’indifferenza è come se lo facessero.
Si possono fare esempi, senza generalizzare: quanti responsabili di parrocchia all’invito del papa di mettere a disposizione spazi e locali liberi parrocchiali per ospitare i migranti non l’hanno fatto? E basta che mettano avanti una scusa qualsiasi, anche banale; che conta è non concederli.
Poi, può essere che io esageri, ma, mi chiedo: perché quel sentimento vivissimo, indiscutibile, di comunanza con questo papa, condiviso da grandissima parte del popolo che ha modo di ascoltarlo e seguirlo, non appare così condiviso dalla cosiddetta gerarchia? Quante volte, anche a fronte di iniziative grandiose del papa, lo si cita nelle omelie domenicali? Non per il gusto di citarlo, ma per non mancare a quello spirito di unità (chiesa “una”), della quale la prima eco deve essere nei templi. A volte tra i messaggi così efficaci del papa e certe parrocchie sembra di vedere chiese diverse.
Anche l’attributo di “cattolica”, ossia universale, che si legge nella professione di fede, non subisce un trauma, laddove viene diviso, rotto, da chi, permettendosi posizioni in qualche modo di insubordinazione al papa, trasforma quell’aggettivo in qualcosa di non più vero?
Ed è curioso, se non fosse tragico, quello a cui assistiamo. In un momento nel quale il mondo intero accusa gravissime crisi, spesso col pretesto e in nome della religione, per primo il papa, il nostro papa, che sta spendendosi al massimo per superare la tragica finzione della guerra di religione, allacciando con tutte le fedi rapporti paritari per il supremo obiettivo della pace, dentro la sua stessa chiesa emerga, con i distinguo verso il papa, questa inadeguatezza di molti di coloro che col papa dovrebbero fare corpo unico per quello storico obiettivo.
La conclusione qual è? Prima è da dire che non sarà facile creare questa osmosi virtuosa tra il Capo e il resto della chiesa, che è, per la parte della gerarchia, una realtà grandissima, enorme, variegata e composita, e questo papa è troppo “forte” per ottenere in tempi rapidi, adeguamenti rispetto a una situazione conservata e forse tenuta stretta come una sorta di “rendita di ruolo”, di abitudini sedimentate, di burocrazia, quando non di devianze e vizi vari, subito denunciati da Francesco.
Quindi il tempo che ci vorrà, e auguriamocelo breve, potrebbe essere aiutato con azioni del popolo dei fedeli che si impegnino, prendano sempre più coscienza del loro compito, che è il compito stesso della chiesa, oggi chiamata da questo papa a darsi una scossa. Ce n’è bisogno.
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