Donazioni: indicatore di civiltà?

di Giovanni Battista Briacca (in intervista)
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donazione sangue

Si dice che i popoli evoluti offrano due straordinarie forme di dono al loro prossimo: il sangue e gli organi. E’ così? Che valore morale possiamo assegnare a queste generosità?

Il massimo, perché si tratta della vita, di una vita che si offre per un’altra vita. Poi si può giustamente dire che queste forme di solidarietà sono l’indicatore di civiltà di un popolo.

 

Lei ha sperimentato di essere alla guida delle due più importanti associazioni: AVIS e AIDO; le ha praticate entrambe, che differenza c’è tra le due?

Direi che, pur nella diversità, sono ugualmente nobili, anche se, come dirò, l’approccio e la militanza nell’una o nell’altra sono assai differenti.

 

Sulla massa delle persone come nasce e che rapporto c’è tra la donazione di organi e la donazione di sangue?

Bisogna distinguere: la donazione di sangue è in un certo senso più semplice; chi vi aderisce lo fa consapevolmente e potrei dire con l’entusiasmo di chi riscontra ogni volta il fatto di contribuire alla salute di una persona malata; questo è molto gratificante. La donazione di organi (e di tessuti organici) è diversa e più complicata.

 

Ci può segnalare quali criticità comporta?

Partiamo dalla consistenza dei possibili aderenti alla donazione “post mortem”, che sono ancora molto pochi rispetto al bisogno, vale a dire alle necessità, alle liste d’attesa di trapianto. Oggi ci aiuta la legge che, al rilascio della Carta d’Identità, fa esprimere la persona sulla volontà di aderire alla donazione. Aggiungo che esistono ancora delle resistenze, ossia i dinieghi dei parenti della persona defunta al prelievo degli organi, motivate dall’idea che il corpo sia intangibile. Poi anche i dubbi che la persona candidata a donare gli organi, al prelievo possa essere non ancora defunta; questa preoccupazione non ha ragion d’essere, in Italia siamo ultra garantiti.

Tralascio di illustrare l’organizzazione dei prelievi e dei trapianti perché molto complessa, ma si può considerare, in Italia, un capolavoro delle cose che funzionano, un fiore all’occhiello.

 

Ha detto “liste d’attesa”, in pratica cosa significa?

Che in Italia coloro che “attendono” di essere trapiantati con un organo a loro compatibile, e coltivano la speranza che ciò avvenga, sono migliaia, specie per i tre principali organi vitali: cuore, fegato, reni.

 

Il popolo dei donatori, sia di sangue che di organi, come si compone: sono gli stessi, sono giovani, anziani, ecc.?

Gli avisini (si chiamano così), sono in parte anche iscritti all’AIDO, come, peraltro, tra gli aderenti all’AIDO molti sono anche donatori di sangue, ma c’è una certa diversità tra le due compagini; gli iscritti all’AIDO sono mediamente più anziani degli avisini, però rilevo con piacere che c’è una tendenza dei nuovi donatori di sangue ad aderire anche all’AIDO.

 

Come vengono reclutati gli aderenti alle donazioni?

Per l’AVIS non c’è grande difficoltà. Per la donazione di organi le difficoltà sono molto maggiori; ho già detto, in negativo, dei dinieghi al prelievo e ai dubbi sullo stato di morte, in positivo dico, oltre alla “scelta” fissata sulla Carta di Identità, la gran parte, e con esiti apprezzabili, viene fatta attraverso la presentazione nelle scuole, ove clinici e promotori dell’AIDO presenziano sistematicamente.

 

Nella zona lecchese e in Lombardia, come stanno le cose?

La nostra regione è abbastanza avanti nel panorama nazionale, ed è ancor più motivo di orgoglio affermare come la Provincia di Lecco sia la prima in Lombardia come densità di aderenti alle donazioni sia di sangue che di organi.

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