Andando all’indietro un bel po’ di anni, ci è difficile trovare nel Paese una condizione politica così tesa e critica. La vicenda è nota e ha molte motivazioni. Il nostro Paese, nell’Europa, si è trovato il più malmesso: nonostante sia ritenuto un Paese ad altissima capacità manifatturiera, sconta un livello di crescita bassissimo e un debito pubblico da record. Già questi due elementi sono l’uno che determina l’altro; dovendo sostenere le spese per gli interessi e i rimborsi del debito, lo Stato è privato di tante risorse per investire a sostegno della crescita (meno tasse, investimenti in infrastrutture, ecc.).
A questo scenario, già di per sé non bello, si sommano gli “antichi mali” del nostro Stato che aggiungono altri elementi che frenano l’obiettivo della crescita: i più importanti: la burocrazia, la giustizia (manca la snellezza e la certezza del diritto) e un assetto istituzionale lento e farraginoso (la doppia Camera, la legge elettorale fasulla).
E vi si aggiungono: il deteriorarsi della condizione dei partiti che hanno smarrito la primitiva vocazione e si sono dati, chi più chi meno, a pratiche vistosamente negative (tangentopoli), fenomeni che, dopo l’illusione del rimedio con “mani pulite”, si sono andati invece aggravando diffondendo come mai prima d’ora il fenomeno della corruzione, sempre molto vivo. La qualità dei partiti, pertanto, è andata scadendo: buone regole abbandonate, leader populisti quando non di cattivo esempio, e il tutto ha generato e ingigantito l’atteggiamento del distacco della gente dalla politica e dalle istituzioni. E’ da supporre come quel mal esempio chiamato corruzione abbia fomentato nel popolo atteggiamenti non uguali: i giustamente scandalizzati e perfino gli invidiosi, della serie: il mal esempio dilaga.
Poi, ma ormai dura da più anni, ci si è messa la grande crisi, partita dall’America, ma come una ragnatela ha investito l’Europa e chi, in Europa, si trovava peggio.
Ma il panorama non è finito: scoppia e si ingigantisce il problema dei profughi/migranti; la più colpita è l’Europa e, anche qui, l’Italia. Occorre premettere che, in termini di emergenze, all’Italia va dato atto di una politica di altissimo valore etico in termini di salvataggi di vite umane.
Ma quella gravissima situazione mostra tanti aspetti il principale dei quali è che si alimenta dalle condizioni di guerre, terrorismo minacciato e praticato e di economie disastrate. E qui ce ne sarebbe da dire. Una Europa che si illude di risolvere la situazione chiudendosi in sé stessa; l’esatto opposto dell’apertura al mondo sul cui valore l’Europa è stata fondata. E questo accompagnato alla assoluta mancanza di strategia per affrontare in radice un fenomeno che altrimenti diverrà sistemico con, ad esempio, una intera Africa sub sahariana a sbarcare in Europa. Ma perché, è legittimo chiedersi, questa Europa occidentale, così tecnologicamente dotata, non avvia, coi tempi che ci vogliono, ma bisogna partire, un grande piano di sviluppo economico per l’Africa tale da trattenere gli africani nelle loro terre?
Una lunga premessa per affermare come il nostro Paese abbia davanti a sé compiti gravosissimi, nessun settore è coperto, tutti presentano urgenti necessità di farvi fronte; lo si sta tentando con la “formula Renzi”. Tanti difetti, di forma e forse anche di sostanza, ma si registrano, purtroppo, come, davanti alla obiettiva difficoltà nella quale ci troviamo, anziché spinte all’ unità, tutta una fabbrica di divisioni, in cui ciascuno pensa al proprio orto, al proprio consenso elettorale, alla propria bandierina da piantare, ora nei Comuni al voto, poi a ottobre sul referendum costituzionale. E chi si fa carico di comprendere che certe cose si devono fare e non c’è alternativa? Assistiamo alle esibizioni di molta classe politica che si perde nei “barocchismi”, ricamando intorno alla riforma. Molti di questi (sia a destra che a sinistra)i sono coloro che le riforme le hanno promesse per vent’anni, ma nulla; e ora fanno le pulci a Renzi che nel bene o nel male le sta portando avanti.
Ha ragione il buon Napolitano al quale riconosciamo saggezza. Ha detto: se non passa questa riforma l’Italia si dichiara incapace. Non ha usato la parola “fallimento”, ma ci stava tutta.
Scrivi un tuo contributo