Soldini di cognome, non è colpa mia, e assicuro che coi soldi non c’è parentela.
Parliamo di soldi. Quanto c’è da dire! Non è azzardato affermare che i soldi evocano più vizi che virtù; queste ultime sono le giuste ragioni del vivere, la generosità, la solidarietà, la giustizia sociale; i vizi sono molti di più; per citarne solo un po’: l’ingordigia, l’accumulo, il sesso, il potere, le guerre.
Una cultura, quella per i soldi, così diffusa e pregnante che i pochi che, non a parole ma veramente, dicono di essere e sono distaccati dal denaro, sono considerati eroi o matti, eccezioni che confermano la regola. Col denaro ci conviviamo e non ci chiediamo più le ragioni di questo gigantesco fenomeno. E non si dica (immagino l’obiezione) che chi di soldi ne ha pochi e fatica a vivere non c’entra con l’amore per i soldi; anche l’invidia per chi ne ha tanti è questo.
Chi saprebbe dire se ai tempi dell’economia del baratto (prima di inventare la moneta) l’avidità per l’accumulo fosse uguale? La comodità della moneta è indubbia ma si è tirata dietro tante di quelle ingiustizie che viene perfino definita “lo sterco del diavolo”.
Qualcuno direbbe, e forse è un po’ vero, che la tendenza a volere possedere è insita nella natura dell’uomo; io ho qualche dubbio. Ma stiamo all’oggi: il soldo è il parametro che determina quasi tutti gli avvenimenti. In piccolo: pensiamo a due amici, ma proprio amici, uno dei quali chiede all’altro un prestito: molto spesso questo finisce per rompere l’amicizia. E qui rientrano anche coloro che “si vestono da poveri” ma sono ricchi e non vogliono farlo sapere, non tanto per la paura dei ladri, della tignola o del fisco, quanto per amore del denaro in sè, per il godimento di sapere di averne. Al punto che a richiesta di fare una donazione o anche una semplice elemosina, la negano dicendo: “non so dove vanno a finire i miei soldi”.
Un detto vero dice: il mondo è diviso tra poveri (molti) e ricchi (più pochi), ma è giusto che il giudizio sia articolato; il famoso “Beati i poveri di spirito” non significa poveri di soldi; lì non si condanna chi possiede, ma chi è avido ed egoista. Diverso è il caso di un ricco che fa del profitto per investire, creare lavoro, reinvestire e creare ancora lavoro, da preferire a chi è povero di soldi ma quei pochi li sotterra, come i talenti del vangelo. Quindi una cosa è il signore, altra il ricco, altra ancora, usa dire, l’arricchito, colui che di soldi ne ha fatti in modo illegale, disonesto, evadendo le tasse; quelli che al Dio “trino” preferiscono il dio “quattrino”. Per ragioni contabili.
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