Per aprire un dibattito sulle condizioni attuali della nostra società gli argomenti non mancano. C’è solo, come si dice, l’imbarazzo della scelta; non si fatica a riconoscere come prevalga il senso di smarrimento, tali e tante sono le contraddizioni a cui si assiste.
E’ così forte il ”bombardamento” quotidiano che si rischia di finire nella trappola dell’indifferenza, del non reagire più e, alla fine, della rassegnazione.
Cosa dire di fronte ai ripetuti episodi di corruzione con protagonisti di ogni rango, perfino di responsabili dell’ordine e della convivenza che invece tradiscono, senza che ciò faccia ormai più scalpore? Le persone, le famiglie, i giovani, sono ogni giorno derubati più che dai quattrini che i ladri si intascano, da un qualcosa di più prezioso: la fede in una società democratica fondata sui grandi valori conquistati dai Padri anche con la Resistenza, in una società che dovrebbe perseguire e tutelare i diritti dei cittadini, creando giustizia sociale e opportunità positive per tutti.
I partiti, previsti dalla Costituzione, sono più o meno alla deriva, la politica è nelle mani di capi che coagulano interessi per il rispettivo gruppo, spesso anche letteralmente litigando nel Parlamento, santuario della democrazia. Lo scenario è fosco, permette e finisce per tollerare fenomeni gravi e diseducativi come quello di Roma, in primo luogo per il malaffare interno alla “casa della democrazia” e poi anche per il “teatro” del suo Sindaco.
Si è insinuato in molta classe dirigente, ma poi il mal esempio dilaga, che la regola alla quale attenersi sia il proprio tornaconto; i nostri vecchi definivano questa posizione “senza legge né fede”, il contrario del diritto, del buon governo, delle ambizioni che una società sana dovrebbe coltivare. I grandi riferimenti si sono annebbiati, la stessa cattolicità, uno dei più grandi paradigmi morali, registra non poche incongruenze e oggi si saluta come provvidenziale l’avvento di un papato che con forza richiama quel mondo alla funzione che anche lì appariva incerta.
La stessa tragedia dei migranti e le difficoltà che emergono nel fare fronte a questo evento epocale, sono lo specchio di questo smarrimento e di un urgente interrogativo sulla condizione dell’Europa.
Non è un dettaglio: la vicenda appena conclusa dell’Expo a Milano, che ha richiesto un gigantesco impiego di risorse per “allestirla”, si è vissuta come un grande traguardo per il nostro Paese ma, rispetto al tema “Nutrire il pianeta”, la conclusione è apparsa un fuor d’opera, al punto che perfino la Caritas, ed è tutto dire, si è rifiutata di sottoscrivere la “Carta di Milano”, ritenendola libro dei sogni, parole, e non progetti concreti per sfamare il pianeta.
Si ha la non bella sensazione che tutto sia possibile : un giorno, con la spending review, si mira a ridurre il grande debito del Paese, il giorno dopo si mettono in campo iniziative “a debito”; al buon dibattito nelle sedi istituzionali preposte, si assiste al surrogato dei twitter con i quali la classe dirigente si parla e ci governa, mentre il popolo è divenuto una variabile indipendente.
Al “ragazzo” che oggi guida il governo si possono sì concedere la fiducia e fare gli auguri con i quali si è imposto per scardinare il tanto di “incrostato” che c’era, ma dovrà, oltre che guardarsi dai nemici, evitarci certe scelte non giustificabili e che urtano la sensibilità comune, come ad esempio l’annunciato incremento delle sale per il gioco d’azzardo.
Ma il nostro Paese, l’Italia, ha proprio perduto totalmente quello spirito col quale dal dopoguerra si è ricostruito materialmente e moralmente?
E allora? Che luci accendiamo? La prima è quella di rendercene conto e rifuggire dall’indifferenza. Anche se è faticoso.
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